Approfondimenti

Le moderne alchimie di Moebius, la fabbrica degli oli – parte II

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Swatch Group ha aperto le porte della Moebius, un laboratorio alchemico visitato in esclusiva da Augusto Veroni. Che ci spiega perché e per come gli oli negli orologi sono così importanti 

Dopo l’acquisizione nel 2008, Swatch Group ha trasferito la Moebius da Basilea a Itingen, in una parte della fabbrica di batterie Renata. Una logistica comprensibile, dal momento che per produrre gli oli non serve molto spazio, specialmente se la richiesta annuale è, per tutto il mondo, inferiore ai cento litri. Come sempre Swatch Group è ben disposta a investire in tecnologia moderne per migliorare la produzione: è una caratteristica ormai ben conosciuta di Nick Hayek, che guida il gruppo, e apprezzata ovviamente dai tecnici. Attrezzature moderne, grandi alambicchi (grandi, ma non immensi: non sarebbero utili) costruiti secondo le specifiche e i sogni dei tecnici.

La produzione è più o meno doppia rispetto alle richieste e l’eccesso viene conservato in più o meno segreti rifugi antiatomici, di quelli che era quasi di moda avere in giardino – per fabbriche e privati – ai tempi della Guerra Fredda. Se non altro oggi si rendono utili. Il resto viene imbottigliato direttamente in fabbrica. Si diceva, la volta scorsa, di un centinaio di prodotti: oltre all’orologeria ricorre a Moebius il mondo dell’automobile (vanno oliati anche i tachimetri, i contagiri non digitali), della fotografia (lubrificazione degli otturatori), quello dell’aviazione ed altri ancora.

Ma non ostante questo, se qualcuno pensa – visti i prezzi – che produrre oli sia un’attività remunerativa, si sbaglia: la Moebius “precedente” è fallita proprio per mancanza di soldi da investire in nuove attrezzature. In più, la qualità dei materiali impiegati in orologeria fa sì che la richiesta diminuisca: il sogno di ogni tecnico è di potersi svincolare dalla necessità di lubrificazione. Si pensi a certi scappamenti, ma anche ad alcune fabbriche, come quella Omega, che utilizzano macchine a controllo numerico per iniettare lubrificanti nella giusta quantità proprio là dove serve, riducendo gli sprechi. A questa razionalizzazione contribuisce attivamente proprio la Moebius, benché la cosa possa sembrare autolesionista.

La prima “novità” si chiama aggrappante. Il termine, ribaditomi da Diego Tamone e immediatamente adottato, deriva dagli aggrappanti usati in edilizia. Una “vernice” che dopo l’essicazione crea una superficie ruvida, sulla quale l’olio si “aggrappa”, appunto, evitando di andarsene in giro per l’interno della cassa come invece avveniva anni fa. Per capirci: le rosette, i