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L’acciaio – parte I: storia, tipi, usi e proprietà

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C’è acciaio e acciaio. In orologeria è sicuramente il metallo, o meglio la lega metallica più diffusa. Ma in fondo non se ne sa poi molto. Ecco una lettura utile per conoscerne meglio vicende e caratteristiche…

Si fa presto a scrivere “cassa d’acciaio”, ma la cosa non è mica semplice come sembra.
Prima di parlare dell’acciaio bisogna però partire dall’oro, il materiale preferito per le grandi e pesanti casse degli orologi da tasca. La maggior parte delle persone pensano che l’oro venisse (e venga) scelto perché è prezioso. Errore. L’oro viene preferito perché è inossidabile, anallergico, mantiene costante il proprio aspetto (specialmente per quanto riguarda gli orologi da tasca, che vivevano tranquilli nel caldo riparo di un panciotto), è facile da lavorare e per giunta è amagnetico. Non c’era e non c’è materiale migliore dell’oro, per realizzare una cassa d’orologio. Punto. Dopodiché…

Il passaggio dal taschino al panciotto è traumatico, per gli orologi. Le necessità di maggiore diffusione degli orologi e quella di una più rapida lettura impongono di ripensarli daccapo. Partendo dal movimento (miniaturizzare vuol dire ridurre la precisione) per arrivare fino alla cassa. Al polso l’oro si riga, mostra i segni degli urti e comunque il suo prezzo impedisce la larga diffusione degli orologi. Quale materiale si può usare? L’acciaio, direte voi. Naaah…

L’acciaio inossidabile viene inventato nel 1913, sostanzialmente aggiungendo alla lega (di ferro e altri componenti) che esiste da sempre, una buona percentuale di cromo (circa il 13%) e di nichel. Tanto per capirci: l’acciaio con cui sono realizzati molti oggetti per uso alimentare (dalle pentole alle salsiere, dalle posate alle bottiglie) viene definito 18/10. Perché 18/10? Perché contiene il 18% di cromo e il 10% di nichel. L’orologeria, che non solo oggi è attenta alle novità tecnologiche, prova subito l’acciaio e lo prova con marche d’altissimo livello, a partire da Patek Philippe.

Ma l’acciaio inossidabile si rivela subito deludente sotto molti punti di vista. Innanzitutto la parola inossidabile (o inox) è una esagerazione: non esiste un acciaio totalmente inossidabile e quindi è un passo indietro rispetto all’oro. Rispetto al quale costa un po’ meno, ma non è poi così conveniente; anche perché le grandi marche hanno iniziato ad usarlo pochi anni dopo la sua invenzione, quando ancora costava caro. In compenso è molto più difficile da lavorare perché più duro e meno malleabile.

Per giunta può creare allergie (soprattutto nelle leghe iniziali) e tende a magnetizzarsi, rendendo sempre più imprecisi gli orologi con cassa d’acciaio. Che, vi faccio notare, erano già più imprecisi degli orologi da tasca per via della necessità di miniaturizzare i movimenti. Un bel casino, insomma, ed è per questo che ancor oggi le case di maggior prestigio vedono l’acciaio con la stessa simpatia con cui il diavolo vede l’acqua santa. E le marche meno costose, essenziali per la diffusione degli orologi da polso?

Scartato l’oro per questione di costi, si buttano sull’ottone. Più duro dell’oro e amagnetico, ha però un aspetto non dei più invitanti, per cui si decide di ricoprirlo, tramite un procedimento galvanico, di cromo. La “cromatura”, appunto. Un disastro, perché di solito per le cromature più economiche si usano composti di cromo esavalente che le hanno tutte: sono cancerogeni per tutti gli esseri viventi, causano allergie e irritabilità fino a poter risultare velenosi in dosi non poi così elevate. L’orologeria scopre presto che qualcosa non va e quindi applica fondelli in costoso (per l’epoca) acciaio inossidabile agli orologi con cassa d’ottone cromato, fin quando di fatto le cromature vengono pressoché eliminate persino dai paraurti delle automobili americane.

Fortunatamente nel frattempo (siamo arrivati agli anni Cinquanta) l’evoluzione dell’acciaio ha portato ad una quantità incredibile di leghe sviluppate per gli usi più diversi fra loro. A dirigere il traffico c’è l’American Iron and Steel Institute (AISI), fondato come American Iron Association (AIA) nel 1855. L’AISI (come – successivamente – le altre entità dello stesso tipo in altri continenti) cataloga e definisce i diversi tipi di acciaio; e al tempo stesso ne indica la composizione, i vantaggi e, in qualche caso, gli svantaggi.

Questo vuol dire che quando diciamo che oggi l’orologeria, con rarissime eccezioni, usa l’acciaio 316L, basta andare a cercare nel “catalogo” dell’AISI per scoprire che il 316L è un acciaio medicale (viene usato per strumenti chirurgici e persino per i piercing) appartenente alla grande famiglia degli acciai austenitici. Vi risparmio una discussione sull’austenite, limitandomi a dire che prende il nome da Sir William Chandler Roberts-Austen (1843/1902), uno scienziato inglese ricordato per i suoi studi sulla metallurgia. Gli acciai austenitici hanno un alto contenuto di nichel e offrono una buona combinazione di proprietà meccaniche e resistenza alla corrosione.

Per capirci, è un acciaio austenitico quello che decora la cima del Chrysler Building di New York (completato nel 1929 senza che una sola vita venisse sacrificata, diceva con orgoglio Walter P. Chrysler, quello delle automobili); e che ancor oggi brilla vivacemente sotto il sole, quando c’è sole a New York. Gli acciai inossidabili austenitici vantano, fra le proprie qualità, la caratteristica di magnetizzarsi con grande difficoltà, il che li farebbe apparire perfetti per l’uso in orologeria.

Bah, quasi, a dire la verità. Non esiste un acciaio inossidabile a tutto, proprio a tutto. Pochi ci fanno caso, ma un orologio si prende l’acido del sudore umano, che può avere composizioni ed effetti negativi anche assai diversi fra di loro; e che s’impasta con polveri più o meno naturali, comprese le sostanze inquinanti nelle quali viviamo immersi. E poi il salmastro, solventi d’ogni tipo, liquidi detergenti, creme solari… Una serie pressoché infinita di esperimenti fatti dal fratello chimico di Frankenstein. Ma ci sono anche altri problemi, meccanici, questa volta. Ne riparleremo presto.