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Il World Ocean Summit, Blancpain e la tutela dell’oro blu

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Si è tenuto ad Abu Dhabi il sesto World Ocean Summit: un incontro fra governi, enti sovranazionali, imprenditori e associazioni per discutere di sviluppo sostenibile e di blue economy. In prima fila Blancpain, sostenitore dell’evento fin dalla fondazione

Abbiamo tecnologie sempre più sofisticate, l’agricoltura cellulare, l’intelligenza artificiale, i carburanti alternativi. E poi ci sono gli investitori, che tra l’altro secondo la New Climate Economy (una partnership globale di istituti di ricerca) impegneranno 90 milioni di dollari in infrastrutture oceaniche da oggi ai prossimi 15 anni. Stiamo, forse, passando dalle parole ai fatti. È con uno spirito di cauto ottimistico che si è chiusa la sesta edizione del World Ocean Summit, organizzata dall’Economist Group con un parterre di sostenitori istituzionali e privati. Più di 700 partecipanti, tra cui 65 relatori provenienti da oltre 50 Paesi, si sono confrontati per tre giorni, da martedì 5 a giovedì 7 marzo, sul futuro degli oceani, per trovare soluzioni su come tutelare l’oro blu, cercando di conciliare due parole troppo spesso in contraddizione: sviluppo e sostenibilità.

Sostenitore fondatore del World Ocean Summit, fin dalla prima edizione del 2012, è Blancpain, sensibile ai grandi temi dei mari fin dal lancio del leggendario Fifty Fathoms, nel 1953, che ha lasciato il segno come il primo orologio subacqueo moderno al mondo. Lavorando a stretto contatto con subacquei, scienziati, esploratori subacquei, ambientalisti e fotografi, Blancpain sostiene da tempo spedizioni esplorative come le Pristine Seas Expeditions (maggio 2011-maggio 2016) e le Gombessa Expeditions di Laurent Ballesta, che studia, fotografa e filma specie sottomarine rare. Ogni anno, la marca pubblica l’edizione Fifty Fathoms dedicata al mondo sottomarino, nel tentativo di aumentare la conoscenza e la preoccupazione delle persone sull’oceano.

Insomma, l’esplorazione e la salvaguardia degli oceani sono diventate due missioni parallele per il Blancpain Ocean Commitment. Nel 2014, il presidente e amministratore delegato del marchio, Marc A. Hayek, ha presentato una prima serie di orologi Blancpain Ocean Commitment (BOC) in edizione limitata, rilanciata nel 2016 e nel 2018 con l’impegno di devolvere 1000 euro alle cause degli oceani per ogni segnatempo venduto. Una serie di gocce nell’oceano che possono concorrere alla causa comune. Il significativo impegno dei privati è stato d’altronde ripetutamente sollecitato durante la tre giorni appena conclusa.

Costruire ponti – per promuovere uno sforzo collettivo a tutela del mare, ma anche uno sviluppo economico della blue economy: questo il tema del sesto summit che si è svolto ad Abu Dhabi. Una sede intensamente significativa. Non solo perché lì c’è la barriera corallina, ci sono le perle e praterie di erba marina che forniscono servizi preziosi di fronte ai cambiamenti climatici. O perché nel deserto, con un tasso annuo di precipitazioni di circa 100 mm, è in corso una riduzione delle riserve di acque sotterranee. Ricordiamo anche che grazie all’altro oro, quello nero, con un dispendio energetico e un impatto sull’ambiente molto pesanti – il 20 per cento dell’energia della regione -, per avere l’acqua potabile viene dissalata senza limiti l’acqua del mare, con conseguenti danni anche all’ecosistema marino.

Una situazione destinata a peggiorare, visto che gli Emirati Arabi sono tra i maggiori consumatori pro capite di acqua al mondo (secondo il governo locale il consumo giornaliero è di 500 litri a persona), e la popolazione, in costante crescita, dovrebbe raggiungere i 10,4 milioni di persone entro i prossimi due anni. Lì, dunque, più che altrove, non c’è tempo da perdere. Gli esperti del World Ocean Summit negli Emirati Arabi Uniti hanno chiesto “cambiamenti radicali” per garantire la salute futura dei nostri oceani. L’Agenzia per l’ambiente di Abu Dhabi ha annunciato un nuovo piano per la ripresa della pesca e il suo impegno nella lotta all’inquinamento marino procurato dalla plastica. Nelle scuole si comincia finalmente a parlare di risparmio idrico. Le istituzioni hanno messo a punto una Strategia di sicurezza idrica con l’obiettivo di ridurre della metà il consumo medio pro-capite entro il 2036.

I progetti di blue economy, settore che sta attraendo sempre più investimenti in tutto il mondo, negli Emirati sono parecchi, e si stanno concentrando in particolare sulla dissalazione del mare utilizzando l’energia solare. Intanto il Paese sta investendo molto in questa tecnica capace di aumentare la probabilità e l’intensità delle piogge fino anche al 35%. Al World Ocean Summit è stata annunciata la creazione di una nuova Blue Prosperity Coalition, con l’obiettivo di raggiungere l’ambizioso obiettivo di proteggere il 30 per cento degli oceani del mondo.

Sono state condivise le migliori pratiche per la riduzione dei rifiuti in plastica che finiscono in mare. Ed è stata lanciata la piattaforma Urban Ocean che coinvolgerà tutte le organizzazioni che si occupano di mare. Meccanismi di finanziamento innovativi e partnership internazionali sosterranno la maggior parte di questi progetti. Moltissimi i rappresentanti della finanza che a Abu Dhabi hanno incontrato rappresentanti dei governi e delle Ong, scienziati e imprenditori. Ma è evidente che occorre uno sforzo collettivo per costruire un’economica oceanica sostenibile.