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Nasce la spirale Nivachron. Addio al silicio?

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Swatch Group e Audemars Piguet hanno messo a punto la nuova spirale Nivachron in una speciale lega a base di titanio. Che potrebbe risolvere il problema della magnetizzazione e rendere superato il silicio (peraltro mai amato dai tecnici “duri e puri”). Comunque vada, l’occasione è ghiotta per fare un po’ di ripasso…

Il comunicato stampa è scarno e privo di foto, per cui la cosa sembra non aver entusiasmato nessuno. Ma stiamo parlando invece di una innovazione di enorme importanza, destinata a risolvere forse definitivamente uno dei problemi che affliggono gli orologi: la magnetizzazione. La soluzione viene da una particolare lega di titanio – Nivachron™ – sviluppata da Audemars Piguet e Swatch Group. Anzi: per la precisione da Nivarox che è l’azienda (appartenente a Swatch Group) demandata alla realizzazione di bilancieri, spirali e altre componenti minuscole, da realizzare con tolleranze bassissime, quasi da industria elettronica.

Andiamo per ordine: la spirale – oggi realizzata in Nivachron™ – è una parte fondamentale dell’orologio. Riassumendo al massimo, la molla contenuta nel bariletto immagazzina energia dal sistema di ricarica e la cede, sotto forma di piccoli impulsi, al bilanciere, spingendolo a ruotare intorno al proprio asse di una semi oscillazione. La spirale è una molla a spirale, appunto, che fa rinculare il bilanciere riportandolo al punto di partenza, dal quale si sposterà per l’energia ricevuta dalla molla del bariletto, e così via. Tic e tac.

Le due semi oscillazioni fanno muovere il bilanciere come fosse un pendolo e a sua volta fanno muovere l’ancora (c’è un nottolino sull’asse del bilanciere che ingaggia la forchetta dell’ancora) che trasmette il moto alla ruota di scappamento. Ancora e bilanciere (sistema di scappamento) trasformano le (altrimenti inutili) oscillazioni bidirezionali del bilanciere in (finalmente utili) impulsi unidirezionali trasmessi alle lancette o comunque distribuiti ai dispositivi dell’orologio. Dal momento che tutta questa parte, dal bariletto alla ruota di scappamento, è il motore di ogni orologio meccanico, la regolarità, la costanza di marcia è fondamentale per la precisione trasmessa alle lancette. Ed è quindi fondamentale che le oscillazioni del bilanciere siano identiche sia per la durata (isocrone) sia per l’ampiezza (amplitudine) per ragioni meccaniche. La spirale deve quindi rimandare indietro il bilanciere caricandosi nel tic e cedendo l’energia, nel tac, per farlo tornare indietro.

La quantità di problemi da risolvere in questa parte dell’orologio è impressionante, ma il lavoro è sulla buona strada, quella che porta alla (impossibile per legge fisica) perfezione; peccato soltanto che per ogni problema risolto ne salti fuori un altro, che prima era in qualche modo coperto da imperfezioni più gravi. Uno di questi problemi, ben conosciuto da tempo, è la magnetizzazione della spirale: l’effetto della magnetizzazione è che quando le spire della molla si avvicinano (tic) tendono a farlo con maggior velocità e saranno invece più lente (tac) nell’allontanarsi.

Si sono studiati materiali antimagnetici, ma il problema sembrava risolto solo con l’uso di spirali in silicio, realizzate con la stessa tecnica impiegata in elettronica. Ma a parte i costi, molto elevati, gli ingegneri orologiai non hanno mai amato davvero questa soluzione: loro creano orologi con destinazione eternità e del silicio non si conosce la durata né si sa come potrebbe essere prodotto in futuro, visto che l’industria elettronica comincia a considerarlo obsoleto e quindi potrebbe dismettere le macchine per costruirlo. E poi non si possono realizzare curve di compensazione, ma questo è un discorso fin troppo complicato, in questa sede. Meglio tornare al vecchio, caro metallo: questo è il punto.

Da molti anni chiedo ai tecnici perché non impiegare il titanio, insensibile ai campi magnetici, alla corrosione, alle variazioni di temperatura (beh: quasi), persino autolubrificante… La risposta è che le proprietà meccaniche del titanio richiederebbero un impulso (tic) energeticamente esagerato, creando quindi problemi di autonomia. L’impressione, quindi, è che i tecnici di Audemars Piguet e di Nivarox abbiano messo a punto una lega “indebolita”, meno avida d’energia, e che siano anche riusciti a trovare il modo di produrre industrialmente (e quindi a prezzi accettabili) il Nivachron™, appunto. E l’impressione è che la prossima tappa sia produrre per il bariletto molle in una lega in qualche modo simile, visto che i campi magnetici fanno male anche alla molla. Un grande passo avanti, una grande innovazione, dal momento che molti dei problemi di precisione provengono da due cause principali: una insufficiente carica della molla e, appunto, dalla magnetizzazione permanente delle parti ferrose.

A questo punto, però, la domanda, legittima, è: perché tante storie per il pericolo di magnetizzare parti dell’orologio? Prima questo pericolo non esisteva? E come la mettiamo con le casse ed i bracciali d’acciaio? In realtà il problema è ben conosciuto da sempre: per questo fino a relativamente poco tempo fa molti orologi avevano la cassa d’ottone cromato, molto meno costoso dell’acciaio inossidabile e anche (moderatamente) antimagnetico. E comunque gli altri problemi (dalla lubrificazione alle perturbazioni introdotte da variazioni di temperatura) erano tali da coprire, in un certo senso, quelli derivanti dai campi magnetici. Che oggi, oltretutto, sono molto più diffusi: dagli altoparlanti delle cuffie a quelli dei cellulari, alle chiusure di borse e custodie, il proliferare di motori elettrici malamente schermati sono tutti regali della tecnologia moderna.

Volendo è possibile fare una prova, avvicinando un magnete ad un orologio meccanico: il rallentamento sarà piuttosto evidente e in certi casi si arriva all’arresto dell’orologio. Che poi magari riprenderà a funzionare, ma con problemi derivanti dalla magnetizzazione permanente di alcune componenti. Per rendersene conto non è necessario un costoso magnetometro: sarà sufficiente avvicinare all’orologio una qualunque bussola magnetica. Se l’ago si muoverà, puntando sull’orologio, allora la frittata è fatta, ma niente paura: si può comunque ottenere una discreta smagnetizzazione con un apparecchio da una ventina d’euro (si trovano facilmente su Amazon), anche se molti appassionati trovano che investire due o trecento euro per uno smagnetizzatore semi-professionale sia un buon investimento.