Attualità

Bulova: 143 anni di storia. Fra un primato e l’altro

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In un grande volume illustrato, la storia di Bulova si intreccia con quella americana. E il racconto si snoda fra innovazioni tecniche e cambiamenti sociali

Qualcosa di più di una semplice storia aziendale: “Bulova – A History of Firsts”, edito da Assouline, traccia piuttosto il ritratto di una nazione. Insieme alle novità create dal marchio in prima mondiale, racconta infatti l’evoluzione della società americana negli ultimi 140 e passa anni.

Scritto da Aaron Sigmond con il contributo di altri scrittori/giornalisti – tra cui Jack Forster, Kate Betts, Matt Hranek, e perfino del musicista/produttore Nile Rodgers -, il volume ripercorre le diverse innovazioni non solo tecniche ma anche culturali introdotte dall’azienda. E ne ritrae gli scenari, a partire dalla Gilded Age (come diceva Mark Twain), quando il giovane immigrato boemo Joseph Bulova aprì una piccola gioielleria a New York, in Maiden Lane, nel 1875, per arrivare ai nostri giorni, dopo l’acquisizione da parte del Gruppo Citizen avvenuta nel 2007. Deriva proprio dall’imprinting del fondatore lo slancio di Bulova verso il rinnovamento, la volontà di spingersi sempre oltre, nei campi più disparati: dal marketing all’aviazione, dalle esplorazioni spaziali all’affermarsi del femminismo.

Il marchio per esempio è stato un pioniere nella pubblicità. Ha realizzato la prima campagna radiofonica, nel 1926, un segnale orario trasmesso da centinaia di emittenti che veniva ripetuto ogni ora (e suonava così: “At the tone it’s 8 pm, Bulova Watch Time”, cioè “al beep sono le otto in punto, Bulova Watch Time”). E, nel 1941, ha mandato in onda il primo spot televisivo: un video di 20 secondi, in bianco e nero, con la semplice immagine di un quadrante posto sulla mappa degli Stati Uniti, e una voce maschile che declamava “America Runs on Bulova Time (“l’America corre sul tempo di Bulova”).

Ma nelle 176 pagine del libro, attraverso centinaia di illustrazioni, si incontrano anche esemplari celebri, che hanno segnato la storia dell’orologeria intesa come ricerca della precisione: dall’Accutron, del 1960, il primo esemplare elettronico con movimento al diapason, fino al Precisionist, del 2010, con movimento al quarzo ad altissima frequenza (262.144 Hz, 8 volte lo standard del settore, con un errore di + o – 10 secondi l’anno, contro i consueti 15 secondi al mese circa dei quarzi tradizionali).

Un capitolo del libro, in particolare, cattura l’attenzione in questo periodo: quello dedicato al “Devil Diver”. Un orologio subacqueo (o meglio, una serie di orologi subacquei, in catalogo per un paio di decenni), costruito negli anni Sessanta e chiamato dapprima Snorkel, Deep Sea, Surfboard, e poi Oceanographer negli anni Settanta: il cui soprannome rimandava al numero impresso sul quadrante, 666, con tutte le implicazioni bibliche del caso – il simbolo della Bestia, il marchio di Satana, l’Anticristo di apocalittica memoria. In effetti si trattava di un riferimento all’impermeabilità, dato che l’orologio, sviluppato per le forze armate americane, poteva resistere alla pressione di 666 piedi (circa 203 metri, pressappoco 20 atmosfere). Sta di fatto che l’Oceanographer “Devil Diver” oggi è tornato alla ribalta: perché Bulova l’ha messo di nuovo in produzione, all’interno della collezione Archive, in una versione filologicamente corretta, con un “infernale” quadrante arancione e la lunetta bicolore. In edizione limitata (ovviamente) di 666 esemplari.